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Notazioni dal convegno VINCERE INSIEME LA VIOLENZA DI GENERE del 25 novembre 2020.
Si è svolto da remoto mercoledì 25 novembre 2020 il convegno Vincere Insieme la Violenza di Genere voluto dai Centri Artemisia e dalle cooperative Il Sentiero e La Clessidra, partner dei progetti internazionali Interreg Italia-Svizzera Young Inclusion e Women at Work.
I temi trattati nel convegno Vincere insieme la violenza di genere
I lavori sono stati aperti da Luigi Campagner, psicoanalista, co-fondatore dei Centri Artemisia che ha spiegato il senso del logo dei Centri Artemisia, una stilizzazione dell’Allegoria della pittura (1638-39), un famoso quadro dove la pittrice Artemisia Gentileschi dipinge il suo autoritratto, indicando in questo modo la facoltà di ogni donna di assumersi la responsabilità del proprio progetto di vita. Un tema trasversale a tutto il convegno, ripreso poi dai contributi dei relatori, in particolare dalla relazione Ricostruirsi come donne. Dalla violenza domestica all’empowerment affidata a Marta Ferrari, responsabile del Centro antiviolenza di Lodi, L’Altra Metà di Niente.
Nella sua breve introduzione Luigi Campagner ha dato notizia ai congressisti di una recente novità normativa introdotta dalla Dgr XI-2857 di Regione Lombardia che chiarisce, per le comunità genitore bambino, a cui i Centri Artemisia appartengono, l’appropriatezza dell’accoglienza progettuale del genitore maltrattato-vittima di violenza. Si tratta di un importante riconoscimento a livello normativo dell’ingente lavoro svolto dai Centri Artemisia negli ultimi 10 anni.
Le pari opportunità come plusvalore sociale è stato il titolo del contributo della Presidente del Consiglio pari opportunità di Regione Lombardia, Letizia Caccavale. La Presidente è intervenuta da remoto dalla propria abitazione durante una mattinata nella quale lei stessa si è abilmente giostrata nel suo ruolo istituzionale e di madre di due bimbe ancora piccole. Nella sua relazione la Presidente Caccavale ha illustrato le principali novità legislative di Regione Lombardia in tema di parità, finalizzate a prevenire e contrastare la violenza di genere. Il focus è caduto sul mondo del lavoro a partire dalla tutela della maternità, ricordando che sono ancora troppe le donne costrette a rinunciare agli impegni professionali col sopraggiungere della maternità, per arrivare alla “parità virtuosa” e alla parità salariale, altro tema caldo delle pari opportunità.
Nel suo già citato contributo Marta Ferrari ha presentato l’attività del Centro Antiviolenza di Lodi, sottolineando che in Italia i Centri Antiviolenza seguono tutti le stesse prassi e metodologie. Le donne accolte sono accompagnate sia psicologicamente sia legalmente, con attività e colloqui individuali e di piccolo gruppo. La finalità è la conquista o la riconquista dell’autostima, un importante aspetto della personalità della donna che viene fortemente leso in tutte le situazioni di violenza.
La relatrice Linda Pozzi ha proposto ai convegnisti uno spaccato della sua attività di psicoterapeuta al Telefono donna di Lecco. Il titolo a lei affidato dagli organizzatori: Il coraggio di parlare e la forza di ascoltare. L’originale contributo della dottoressa Pozzi ha illuminato la complessità del tema analizzando con “coraggio” i suoi stessi vissuti come terapeuta, evidenziando come essi siano spesso contrastanti, contro-intuitivi e certo non riconducibili a facili schematizzazioni. Strumento essenziale della terapia è il coraggio del terapeuta di mettere in discussione quanto nel modo di essere e di fare di queste donne può esporle a risultati rapportuali deleteri, sottraendosi alle dinamiche del triangolo psicopatologico perverso: vittima, carnefice, che senza gli adeguati contrappesi può contaminare anche le relazioni d’aiuto.
Giovanni Callegari, autore con Carlo Viberti del libro Il pensiero immobile. Potere maschile e violenza di genere (2020), ha esposto un’interessante relazione dove ha raccolto spunti da sue esperienze terapeutiche agli antipodi tra loro: l’ascolto della donna vittima di violenza nell’ambito delle sue consulenze per i Centri Artemisia, e la cura dell’uomo maltrattante, con riferimenti espliciti a trattamenti rivolti a uomini sex offender incarcerati per gravi reati nel Carcere di Bollate.
Callegari ha mosso dalla priorità del pensiero sia per il setting terapeutico sia per la civiltà: “Non fermiamoci al genere, alla religione o alla razza ma valutiamo il pensiero di ogni soggetto. È questa l’attitudine che favorisce il pensiero non immobile”.
In merito al trattamento dei sex offender il terapeuta ha sottolineato l’impossibilità della diagnosi preventiva. Non possiamo cioè dedurre dalla conoscenza della storia pregressa del paziente se egli potrà diventare un omicida o meno. Il versante pericoloso dal quale curarsi cercando di starne alla larga è sempre il narcisismo, una patologia riconducibile al mancato riconoscimento affettivo – cioè reale – dell’altro, una patologia perniciosa che non fa distinzioni di estrazione sociale o di istruzione.
L’esperta di diritto delle migrazioni Veronica Vergani ha presentato la relazione dal titolo La violenza in viaggio: l’esplorazione dei fenomeni della violenza di genere attraverso alcune testimonianze. Vergani ha focalizzato il fenomeno della tratta degli esseri umani (uomini, donne e bambini) a livello mondiale, evidenziando come essa colpisca gravemente circa cinquanta milioni di persone ogni anno. La percentuale maggiore, circa i due terzi, riguarda la tratta delle donne a scopo di commercio sessuale. Vergani ha presentato le buone prassi che molti Stati, tra cui quello italiano, stanno adottando per contrastare il fenomeno, e l’ingente lavoro che resta ancora da fare.
Quando una relazione salva, storie di donne uscite da contesti violenti è stato invece il contributo di Emanuele Michela insegnante, giornalista e communication manager del progetto Young Inclusion. Nel periodo giugno 2019-giugno 2020 Michela ha pubblicato sulla stampa locale diverse interviste alle ospiti e alle operatrici dei Centri Artemisia. Il giornalista ha ricordato lo slogan di Young Inclusion “Desideriamo tutto”, prendendo nota, come ogni buon cronista, che il desiderio in queste donne umiliate dalla violenza è rinato grazie alla vicinanza umana e professionale delle operatrici dei Centri.
Michela si è quasi commosso raccontando il senso di trionfo che una delle sue intervistate attribuiva all’acquisto di un’auto nuova, simbolo – per lei inequivocabile – della conquistata autonomia.
Riflessioni conclusive
Il compito di concludere è stato affidato a Carlo Arrigone co-fondatore dei Centri Artemisia e alla moderatrice del convegno Patrizia Gilardi, psicoterapeuta e coordinatrice della comunità La Bussola della rete dei Centri Artemisia.
Carlo Arrigone ha colto il senso del lavoro del convegno riconducendolo a ciò che Freud ha chiamato per primo “lavoro di civiltà”, una civiltà che a ogni livello – individui, comunità e società – promuova la “cultura della cura”.
Patrizia Gilardi ha congedato i partecipanti con la lettura di un brano emblematico tratto dal libro Il pensiero immobile: “Non dobbiamo farcene una ragione. Ce ne possiamo capacitare, possiamo cioè renderci capaci, di volta in volta capaci di giudizio e paragone, in base al nostro pensiero. […] Non siamo tenuti ad accettare comunque, ma giudicare di volta in volta (con un giudizio che premia) i modi in cui presumiamo di trarre beneficio dall’agire dell’altro. […] Non tutto il pensiero è buono, buono per noi. Lo stesso vale per le persone e per i rapporti che con esse abbiamo. Di ciò occorre capacitarsi […] e creare condizioni di scelta. Trattare l’altro come la fonte del nostro beneficio, o non trattarlo per niente.”
AGGIORNATO: 09/09/2021